Creature dei mondi sommersi, fantasie galleggianti che si intrecciano a simboli come richiami dell’infanzia. Il simbolo in greco è ciò che unisce e dà un senso, le due parti di una tessera che, spezzate, reclamano l’altra metà per tornare a onorare una promessa. I simboli di Giulia Lazzaron riportano al mondo della fiaba, allo spirituale, a quello che vorremmo e non abbiamo ancora, a quello che vogliamo credere che esista oltre il reale. Simboli di un passato non ancora chiuso che sopravvive nella scia di una cometa, in quell’atmosfera rarefatta tra il sonno e la veglia, quando apriamo gli occhi ma ancora desideriamo continuare a sognare.
La corona, l’aureola, stelle, soli e lune sono le tracce di un mondo oltre, piccole scintille che si sono aperte un varco sulla superficie della carta e hanno invaso la nostra quotidianità. I disegni, incisi ad acquaforte come sottilissimi tatuaggi sulla pelle del mondo, vagano disseminati in un bianco che abbaglia, un immenso campo aperto su cui esercitare l’immaginazione, tra gli echi di Mirò e delle creature di Miyazaki. L’incisione netta dei disegni dà la sensazione di una vista più nitida, finalmente messa a fuoco sul mondo. Come attraverso uno squarcio nel velo di Maya, ci lasciamo condurre in un regno incantato, con lo sguardo tornato nuovamente puro, finalmente atto a vedere.
Oltre la delicatezza del segno, i disegni di Giulia Lazzaron sono un gesto di disobbedienza alle logiche della natura come narrate dalla fisica e dalla biologia, una dichiarazione aperta di credere, qui e ora, all’esistenza di valori e mondi oltre quelli del visibile. In un vortice di segni i pianeti si confondono con le ghiande, gli uccelli con i pesci, gli artigli e le code con le alghe e le foglie. Aureole per le tigri dai denti a sciabola, e denti supplementari che aleggiano intorno. Squali con più pinne, mante con tentacoli, dettagli botanici aperti a una vista che compenetra, radici, stami e pistilli, lembi di terra che si ergono come capezzoli in un gioco erotico verso il cielo.
Animale e vegetale non hanno più distinzione, in un trasformismo gioioso in cui ognuno è libero di assumere una forma a piacere, e di cambiarla come cambia il vento. Le regole sono cancellate, prima tra tutte le gravità, in favore di un amore cosmico, una fertilità promiscua in continua proliferazione, indice di una natura rigogliosa e in fermento, generosa nel significato originario del generare, riprodurre altra vita.
E se, come nel titolo di un’opera di Giulia Lazzaron, se solo ci fosse una convivenza pacifica tra esseri viventi, senza gli umani? E se fosse questo lo stato naturale delle cose, prima che l’ordine tassonomico stabilito dall’uomo dividesse le specie? E se fosse questo il destino della Terra dopo la definitiva scomparsa dell’uomo?
Biografia: Giulia Lazzaron nasce a Milano, città in cui vive e lavora, nel 1992. Si laurea all’Accademia di Brera con lode nel dipartimento Pittura. Ha partecipato a mostre in diverse gallerie, musei, fiere d’arte italiani e internazionali, arrivando a rappresentare l’Accademia di Brera e il Padiglione Italia nella Biennale di Fotografia a Chang’an, in Cina. Nel 2018 arriva finalista nella sezione di Pittura al Premio Combat Prize, esponendo al Museo Civico G. Fattori di Livorno; Nel 2019 è di nuovo tra i finalisti del Premio Internazionale per la sezione Grafica, vincendo la Menzione Speciale della giuria. Sempre nel 2019 vince il concorso Durante e Dopo: Resilienza, esponendo durante il circuito Fotografia Europea Off a Villa Sistemi Reggiana.
Attualmente collabora con: Museo della Permanente, Libreria Bocca (Galleria Vittorio Emanuele II, Milano), Galleria 8,75 Arte Contemporanea (Reggio Emilia), Monshare Art (Milano).